Vuoi per le elevatissime imposizioni fiscali, vuoi per la ferraginosa burocrazia, per la crisi economica corrente o per l'attegiamento negativo delle banche che non concedono facilmente prestiti o finanziamenti o per la assurda struttura sindacale che scoraggia anche gli audaci alle assunzioni, il fatto rimane che l'Italia oggi in quanto a competitività si trova a livello mondiale alla 65esima posizione, tra Samoa e Trinidad.
Una posizione assurda che riflette la totale incapacità dei nostri leader politici di attuare veramente delle riforme che possano creare dei veri posti di lavoro per i giovani del nostro paese attraverso la nascita e lo sviluppo di imprese produttive e commerciali.
E' tuttavia evidente che, senza riforme strutturali vere e serie, la attrattiva del paese Italia per le imprese straniere è praticamente non esistente.
Non solo, ma fa sognare le maggiormente dinamiche imprese Italiane di spostarsi all'estero per godere di un ambiente operativo più piacevole, amichevole, dinamico e produttivo.
I dati relativi alla competitività internazionale arrivano dal rapporto "Doing business 2014" pubblicato dalla Banca Mondiale.
A livello Europeo peggio dell'Italia si trova solo la Grecia, la Romania e la Repubblica Ceca.
Mentre la brava Germania merita il primo posto in Eurozona e il 21esimo posto a livello globale. Con la Francia al 38esimo posto.
Nel mondo domina invece Singapore con un primo posto assoluto.
Seguono Hong Kong, Nuova Zelanda, USA, Danimarca, Malesia, Corea, Georgia, Norvegia e Inghilterra.
Le nazioni ritenute peggiori per fare imprese sono invece il Ciad, la Repubblica Centro Africana e la Libia.
Per quanto riguarda l'Italia, viene ooservato che sitrova al 138esimo posto per il pagamento delle tasse, che le imprese devono fare ben 15 pagamenti in un anno e che questo lavoro richiede 269 ore all'anno con le tasse che assorbono un assurdo 65,8% dei profitti aziendali.
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