Sembra essere molto peculiare la principale motivazione data da fonti governative per giustificare la riforma delle Banche Popolari.
Il dare maggiore spazio e potere ai fondi di investimento oppure ai grandi investitori non sembrerebbe infatti dover essere una altissima priorità del Governo Renzi.
Semmai si dovrebbe incoraggiare e privilegiare le specifiche strutture delle Banche popolari in quanto operano direttamente nell'economia reale dei loro territori, dando un diretto servizio ai clienti e concedendo prestiti a famiglie e finanziamenti a imprese.
Molto di più di quanto lo possa fare una banca internazionale che potrebbe avere il, peraltro legittimo, desiderio di tagliare la propria presenza in alcune specifiche zone in quanto non sufficientemente remunerative.
Anche la seconda motivazione data dai nostri leader politici, che non pare abbiano consultato sufficientemente neppure le associazioni delle Banche Popolari, ovvero aprire maggiormente il mercato onde attrarre investimenti finanziari non sembra promettere particolarmente bene per la reale economia del territorio.
Le banche in questa situazione diventerebbero maggiormente oggetto di operazioni finanziarie sempre a potenziale discapito della operatività locale e del sostegno al territorio mediante la concessione di prestiti, erogazione di finanziamenti e tutta una serie di altre attività focalizzate localmente.
Colpisce particolarmente anche il fatto che sembra che si voglia incoraggiare le banche a fare acquisizioni, a diventare più grandi quando sino ad ieri ci è stato detto che una delle cause della crisi finanziaria era il fatto che le banche oggi sono troppo grandi.
Che sono “too big to fall” e che quindi bisogna dedicare a loro una enorme quantità di liquidità per salvarle o per proteggerle in quanto una loro caduta sarebbe drammatica per l'economia delle nazioni.
La stessa BCE con i suoi mille miliardi di liquidità immessa nel sistema delle grandi banche e con tassi di interesse praticamento a zero non ha ottenuto un significativo effetto positivo sull'economia reale con i prestiti presi dalle banche che, invece che essere destinati a loro volta a prestiti a famiglie o finanziamenti a aziende, sono spesso finiti in acquisti di Titoli di Stato.
Basta pensare che le grandi banche hanno diminuito i prestiti alle famiglie e imprese proprio in questo periodo in cui potevano accedere ai generosissimi prestiti della BCE.
Un comportamente in netto contrasto con quello delle Banche Popolari che hanno invece aumentato di oltre il 15% i prestiti a famiglie e a imprese.
Richard Werner, direttore al Centro Studi Bancari dell'Università di Southampton in Inghilterra, ha dimostrato in termini matematici che le Banche Popolari hanno una funzione di maggiore impatto sull'economia reale con prestiti e finanziamenti che stimolano sia la produzione che la base monetaria alla base di ogni ripresa economica, funzione molto maggiore di quella della stessa Banca Centrale Europea o di quella delle grandi banche nazionali e internazionali.
Riccardo Senzaterra
Moderatamente Controcorrente
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